La storia di Rimini
Donne di Rimini

Le "madri" di Rimini

La prima è citata in un carme di Orazio. Nel quinto epòdo il poeta descrive, con minuziosa e un po' raccapricciante dovizia di particolari, l'atroce sortilegio perpetrato da un quartetto di fattucchiere. Per riconquistare i perduti amanti, accalappiati da altre signore, le perfide sotterrano un bambino fino al mento e lo lasciano morire di fame. Non senza mettergli sotto il naso i piatti più succulenti, onde struggerlo con questa sorta di supplizio di Tantalo. Come tutte le streghe che si rispettano, le nostre sfaccendano intorno a un pentolone, dove gettano rami di cipressi cimiteriali, caprifichi divelti dalle tombe, penne e uova di uccelli notturni e ossa strappate dalle fauci di una cagna digiuna. Con questo tenebroso rito accompagnano l'agonia del bambino. Le quattro sono la napoletana Canidia - una famosa maga e avvelenatrice che ad Orazio aveva giocato un tiro mancino, rendendolo per qualche tempo impotente - e le sue complici Veia, Sàgana e, per l'appunto, "la riminese Foglia / dalla maschil lussuria" (qui il poeta sembra alludere, oltre tutto, a tendenze tribadiche e saffiche della strega di Rimini). La vicenda delle orchesse è rievocata da Procopio da Cesarea nel capitolo XX del secondo libro delle Storie. Corre l'anno 539. Un lustro ininterrotto di scontri fra Goti e Bizantini, scorrerie, saccheggi, devastazioni, ha ridotto l'Italia allo stremo. Infuria la carestia, mietendo migliaia di vittime e imbarbarendo i superstiti. Ma cediamo la parola a Procopio: "Si dice che due donne, in un villaggio oltre Rimini, mangiarono diciassette persone. S'era dato il caso che fossero le sole superstiti del villaggio: perciò gli stranieri che passavano di lì andavano a stare nella casa dove abitavano, e quelle li uccidevano nel sonno e li mangiavano. Si racconta però che il diciottesimo ospite, svegliatosi dal sonno mentre le megere stavano per fargli la festa, balzò su, apprese da loro tutta la faccenda e le uccise entrambe". Consigliere di Belisario, Procopio lo accompagnò nella spedizione in Persia e nelle successive campagne d'Africa e d'Italia, dove fu testimone oculare e vigoroso narratore delle atrocità dell'interminabile guerra greco-gotica, combattuta senza esclusione di colpi e nel più fiero disprezzo delle popolazioni. Introdotto da una pagina di crudo e asciutto realismo, l'episodio delle orchesse riminesi si colloca in un contesto che lo rende credibile e coerente con la dichiarazione programmatica del proemio dell'opera: "Alla storia conviene la verità".
Luoghi da visitare
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