La verità su Paolo e Francesca
Le fonti documentarie
Sulla vicenda di Francesca, figlia di Guido Minore da Polenta, e di Paolo e Giovanni, figli di Malatesta da Verucchio, il dantesco "Mastin vecchio", si fronteggiano due differenti gruppi di fonti, senza rapporto di sorta fra loro: le fonti documentarie, che dell'adulterio e del duplice omicidio non fanno parola, e le fonti letterarie, che proprio sulla tragedia familiare si incentrano, con ampia e un po' sospetta dovizia di particolari. Un terzo gruppo di fonti - che comprende sia le antiche cronache riminesi che le chiose dei primi commentatori di Dante - fa da cerniera ai primi due, ma sulla rilevanza e solidità storica delle notizie fornite, pochi sarebbero disposti, in coscienza, a giurare.
Le fonti documentarie note sono sostanzialmente rimaste, ad un secolo abbondante di distanza, quelle rintracciate, riunite e discusse da Luigi Tonini nel 1852 e nel 1870. Si tratta, a dirla in fretta, di un piccolo nucleo di carte d'archivio che certificano solo l'esistenza storica, d'altronde indubitabile, di Giovanni e Paolo Malatesti.
Il primo documento, del 6 novembre 1263, è un breve di papa Urbano IV al vescovo di Rimini, dove si conferma che Giovanni e Paolo sono beneficiari di contribuzioni da parte dei monasteri e delle chiese romagnole. Il secondo documento, del 9 febbraio 1264, è per l'appunto una ricevuta, rilasciata da Malatesta al "sindaco" dei Canonici di Santa Maria in Porto di Ravenna, per il versamento ai suoi figli di venticinque lire ravennati. I due fratelli sono definiti studenti (scolares): se ne conclude che a quella data erano adolescenti, o al più giovinetti, ancora soggetti, in ogni caso, alla tutela paterna, e che, verosimilmente, non molta doveva essere la differenza d'età tra loro. Il fatto che Paolo sia chiamato Paolotto, o Paoluccio (Paulotius), e che sia citato costantemente dopo Giovanni, fa pensare che fosse il più giovane dei due.
Il terzo documento, del 21 febbraio 1287, è la procura affidata al notaio Uomo Bianchelli "ad pacem et concordiam faciendam et recipiendam" fra i Malatesti e i Manfredi di Faenza. La firmano Malatesta, Podestà di Rimini, e i suoi figli Giovanni e Malatestino; Paolo non è nominato. Nè è nominato nella sentenza emessa nel gennaio o febbraio del 1288 contro Mallatesta de Veruculo, Jannes Zotus e Mallatestinus da Pietro di Stefano, Rettore della Romagna.
Il quarto documento, del 16 dicembre 1307, è l'atto di emancipazione dei figli maschi superstiti di Malatesta - Malatestino e Pandolfo - e dei nipoti Uberto, figlio di Paolo, Tino e Ramberto, figli di Giovanni, e Ferrantino, figlio di Malatestino. Nè Paolo (olim Pauli) nè Giovanni (olim Johannis) erano più in vita. Nell'atto è citata Concordia, mater di Giovanni, Paolo e Malatestino e avia, cioè nonna, di Uberto, Tino, Ramberto e Ferrantino. E' citata anche Margherita Paltenieri, terza moglie di Malatesta e madre di Pandolfo.
Il quinto e ultimo documento è il testamento di Malatesta da Verucchio, del 18 febbraio 1311, l'anno prima della sua morte. E' nominata incidentalmente, in quanto madre di Concordia, anche la defunta Francesca (olim domine Francische).