La storia di Rimini
La verità su Paolo e Francesca

Dove, come e quando

Tutte sommate, le fonti documentarie, narrative e letterarie forniscono questa leggera e malferma base documentaria. Dal testo dantesco e dalle chiose dei commentatori, per quanto li si strizzi, si ricava ben poco. Il Boccaccio non è affidabile: dati storicamente erronei (le famiglie dei Malatesti e dei da Polenta sono dette nemiche, mentre, di parte guelfa entrambe, erano alleate) si mescolano a particolari schiettamente romanzeschi, a cominciare dall'equivoco - o raggiro - ai danni di Francesca. Il Boccaccio è fonte, oltre che tarda, fantasiosa: grande narratore, certo, ma testimone da prendere con le pinze. I cronisti non aggiungono alcunchè di nuovo e di diverso. I soli elementi certi, o probabili, sono, in definitiva, l'identità dei protagonisti, l'adulterio dei "cognati" e la loro uccisione per mano del marito (e fratello) tradito. E' da credere che del delicato affaire, prontamente sepolto dalle due famiglie, potenti e solidali, non circ olassero che scarse e nebulose informazioni. Tutto il resto - la data delle nozze tra Giovanni e Francesca, l'anno e il luogo del duplice delitto, l'età dell'omicida e delle vittime - è puro oggetto di congetture. Il matrimonio di Giovanni con Francesca è datato dai più al 1275, in connessione con l'aiuto prestato a Guido da Polenta da Malatesta e da suo figlio, che avrebbe partecipato di persona alla resa dei conti coi Traversari, di parte ghibellina, e alla presa di Ravenna. La correlazione è plausibile e ben si accorda con l'età (presunta) di Giovanni, che nel 1275 avrà avuto poco più di trent'anni, Paolo poco meno e Francesca una quindicina. Tra Malatesta da Verucchio e Guido da Polenta le relazioni erano almeno decennali: il 25 luglio del 1266, infatti, lo strumento dotale di Margherita Paltenieri, seconda moglie di Malatesta, fu redatto in casa di Guido. Le nozze, celebrate nello stesso anno 1275, tra Bernardino da Polenta, fratello di Francesca, e Maddalena Malatesti, sorellastra di Giovanni, rafforzano l'ipotesi di una solida alleanza politica stretta tra le due famiglie guelfe emergenti e siglata da un duplice matrimonio. La questione più dibattuta, ma per ragioni largamente o del tutto estranee alla ricerca storica, è quella del teatro della tragedia, conteso, con più o meno solidi argomenti, da Rimini, Pesaro, Gradara, Santarcangelo, Verucchio, Meldola, Ghiaggiolo, Bellaria e chissà quante altre amene località romagnole e marchigiane. Com'è noto, Dante, in proposito, tace. Il Boccaccio asserisce esplicitamente che il duplice omicidio fu consumato "a Rimino", nella "camera di madonna Francesca". Nessun dubbio al riguardo è sollevato dagli altri commentatori di Dante. Della stessa opinione sono i cronisti riminesi del XIV e XV secolo. Quando non è detto a chiare lettere che il "fattaccio" si è svolto a Rimini, è solo perchè lo si dà per scontato: dove mai avrebbe potuto accadere, in effetti, se non in una delle case dei Malatesti? La candidatura pesarese è, dopo la riminese, quella di più vecchia data. Nel Chronicon Pisauri del giurista Tommaso Diplovatazio da Corfù, composto tra il 1504 e il 1508, si danno due alternative: un palazzo privato ("domus magna") sulla "piazza grande" di Rimini, cioè sull'odierna piazza Tre Martiri, e il palazzo comunale di Pesaro ("palatius Comunis iuxta portam Gattuli"). Perchè Pesaro? Perchè il Boccaccio asserisce che Giovanni, quando la moglie e il fratello "usavano" alle sue spalle, esercitava la Podesteria in una città vicina; in effetti sappiamo da altre fonti che lo Sciancato fu ripetutamente Podestà di Pesaro. Ma ai Podestà, al tempo, non era consentito farsi accompagnare dalla moglie e dai figli: il diritto consuetudinario (ne parla Brunetto Latini nel Tresor) e le norme statutarie sono perentori. Francesca, dunque, non poteva essere a Pesaro, al seguito del marito. La candidatura di Santarcangelo fu avanzata nel 1853 da monsignor Marino Marini, prefetto degli archivi vaticani. Il ragionamento del dotto ma municipalista prelato santarcangiolese è altrettanto sottile che stiracchiato. Per far quadrare i conti, il Marini data il fatto di sangue al 1289, quando Paolo era ormai un baldo ultraquarantenne e Francesca una trentenne vivace. Al giorno d'oggi non ce ne scandalizzeremmo affatto; nel XIII secolo la percezione dello scorrere del tempo e delle fasi della vita, maschile e soprattutto femminile, era alquanto diversa. Le tesi di monsignor Marini sono state convincentemente confutate da Luigi Tonini. Nessuno storico successivo le ha più riprese. E Gradara? L'incantevole paese marchigiano ha l'indiscutibile merito di essersi appropriato della "romantica" memoria, ma quella gradarese, oltre che non sorretta da alcun elemento di prova, fuorchè una dubbia tradizione orale, è candidatura recentissima, che rimonta alla monografia di Lambertino Carnevali del 1933, successiva al restauro della rocca e alla sua apertura al pubblico. Se il Tonini non spende una sola parola per confutarla, ciò vuol dire che nel 1870 non aveva ancora corso. Si aggiunga che la costruzione della rocca di Gradara fu terminata da Pandolfo nel 1325; nel Duecento il castrum era una pura fortificazione militare intorno a un torrione del XII secolo detto "del Grifo": al più un'arx abitata dalla guarnigione, ma in nessun caso un palatium degno di ospitare la donna del signore. Tutto, insomma, porta a credere che sia la relazione adulterina che l'uccisione di Paolo e Francesca non altrove abbiano avuto luogo c he a Rimini, verosimilmente non nelle "case del Gattolo", là dove sorgerà Castel Sismondo, ma nelle "case rosse" di porta Sant'Andrea, prima dimora riminese dei Malatesti. Anche sull'anno della tragedia sono state avanzate proposte discordanti, e non di poco, coprendo queste un arco cronologico di quasi trent'anni, dal 1283 al 1312. Il fatto è che non di rado gli storici locali hanno prima deciso irremovibilmente il luogo e poi, forzando disinvoltamente la cronologia, scelto la data che meglio si accordasse col luogo, o che meno urtasse. E' certo, intanto, che di Paolo più non si fa menzione dopo il febbraio del 1283, quando si dimise dalla carica di Capitano del Popolo di Firenze. Tanto nella procura del 1287 quanto nella sentenza di Pietro di Stefano del 1288 i soli figli di Malatesta citati sono Giovanni e Malatestino. Si consideri inoltre la bolla di Bonifacio VIII, del 10 luglio 1298, che conferisce a Guido, secondogenito di Giovanni e di Zambrasina Zambrasi, la pieve di Santa Paola di Roncofreddo; poichè se ne elogiano i buoni costumi ("morum decor") e si afferma che ha meno di venticinque anni ("infra vicesimum quintum etatis tue annum"), non sembra probabile che il beneficiario sia un bambino; è più verosimile che avesse almeno una decina d'anni e che, pertanto, i suoi genitori si fossero sposati, al più tardi, nel 1286. Se vogliamo dar credito, infine, alla notizia del Boccaccio che Giovanni, quando sorprese ed uccise i due congiunti, era Podestà in un a terra vicina, ha documentazione sicura la Podesteria pesarese del 1285, che avrà avuto inizio nel 1284. Sulla base di questi indizi, il Tonini ha proposto una data oscillante fra il 1283 e il 1285. Giovanni avrà avuto più di quarant'anni, Paolo tra i trentasette e i trentanove, Francesca tra i ventitrè e i venticinque, e Dante vent'anni o poco meno. Resta da accennare a un piccolo ma intrigante mistero messo in luce da quel sottile ragionatore che è Giovanni Rimondini. Vediamo un po'. Una bolla di papa Niccolò IV, dell'8 agosto 1288, autorizza il vescovo di Pesaro a concedere la dispensa - necessaria, dati i vincoli di consanguineità - per le future nozze di Tino, figlio di Giovanni e di Zambrasina Zambrasi, e Agnese, figlia di Corrado da Montefeltro. La dispensa non si riferisce al matrimonio vero e proprio, che sarebbe stato celebrato solo quando i promessi avessero raggiunto l'età puberale (quattordici anni gli uomini e dodici le donne), ma i cosiddetti "sponsali". Anche per gli "sponsali", però, si richiedeva un'età minima: almeno sette anni, a quanto aveva stabilito Alessandro III. Supponendo dunque che Tino nel 1288 avesse sette anni e che fosse perciò nato nel 1281, Francesca doveva essere morta, quanto meno, da un anno, e cioè nel 1280. Ma Paolo era ancora vivo e vegeto nel febbraio del 1283. E' possibile che il conflitto di date sia solo apparente: la dispensa papale, per esempio, potrebbe estendersi implicitamente anche all'età oppure la dispensa per l'età avrebbe potuto essere già stata concessa, salvo che la bolla non ci è giunta. Ma forse è bene che la ricostruzione di una vicenda per tanti versi oscura si concluda con un altro punto interrogativo.
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